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FAR CRY 5 RECENSIONE

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A quattro anni da Far Cry 4 e a due dal lancio di Far Cry Primal, Ubisoft presenta il quinto episodio della serie: siete pronti per un viaggio nel Montana?

 

Il contesto a cui si riferiscono le Sacre Scritture non è esattamente lo stesso, ma viste le premesse tematiche del nuovo titolo Ubisoft, il parallelismo è stato quantomeno naturale. Gli anni che ci separano dalla Micronesia di Crytek sono quattordici, un tempo che nel nostro medium equivale quasi ad un’era geologica, e da allora il brand ha cambiato pelle più di una volta, ha ridefinito se stesso e per certi aspetti anche il suo genere di appartenenza, il tutto senza mai tradire le sue origini, il suo etimo. Perché l’anima di Far Cry è già nascosta fra quelle due paroline che spesso, magari per via dell’origine anglosassone, passano inosservate. Il “grido lontano” è più di un nome o uno slogan, è la volontà di immergere il giocatore in un mondo distante, tanto esotico quanto ostile, e di gettarlo poi in una situazione al limite, drammatica e brutale. Un binomio indissolubile e dannatamente azzeccato, che riesce a esprimere al meglio in concetto di avventura videoludica. Eppure, quattordici anni sono tanti per chiunque, anche se hai creato un nuovo standard, anche se hai dato vita ad uno dei villain più citati del mondo videoludico, perfino se la tua formula ancora funziona. E così, alla fine, arriveranno a bussare ancora alla tua porta, chiedendoti di rinnovarti.

Perché in fondo è questo quello che in molti domandavano a Far Cry 5: un cambiamento. Ma le innovazioni in un open world free-roaming si sa, non sono cosa da poco, e a dirla tutta portano con sé un gran rischio. Il genere è stanco e tende a ripetersi, eppure il suo paradigma sembra resistere alle intemperie e agli anni. Dunque perché cambiare cavallo, se è comunque vincente? Come sostituire quelle maledette fetch-quest con qualcosa di rivoluzionario e mai visto prima? Dinanzi a domande che difficilmente troveranno risposta, ci siamo detti: e se la chiave per l’eccellenza non fosse proprio quella di potenziare il tratto distintivo più importante della produzione? Insomma, Far Cry ha sempre avuto un impianto narrativo centrale, dei personaggi fuoriclasse, nonché una valanga di contenuti maturi che difficilmente trovi altrove. Così, quando per la prima volta abbiamo incrociato lo sguardo con Joseph Seed immortalato nel mezzo dell’ultima cena, quando abbiamo visto il cortometraggio “Inside Eden’s Gate” e tutta quella marea di trailer e teaser a far da corredo, la “fede” in questo quinto capitolo ha iniziato a crescere. Con simili premesse, Ubisoft poteva puntare al Far Cry definitivo, ma qualcosa è andato storto questa volta, e nonostante l’innegabile sforzo produttivo messo in campo dal team francese e la qualità generale del prodotto, il “regno dei cieli” che citavo in apertura non è stato ancora raggiunto. Padre Joseph direbbe: “devi sacrificare qualcosa per entrare nell’Eden“. E forse, in effetti, aveva ragione…

The Treasure State

Se non riuscite ad immaginarvi il Montana, magari perché nessun film ve lo ha mai mostrato o perché nessun amico ve lo ha mai raccontato, allora dovete semplicemente credere alle nostre parole: è un posto fantastico. Sicuramente si tratta di un’ambientazione enormemente diversa da quanto visto fino ad ora nella saga, ma vi assicuriamo che non ha nulla da invidiare al Kyrat e all’arcipelago delle Rook Islands. Del resto, gli Americani lo chiamano “The Treasure State” per un motivo, e fidatevi che non si riferiscono unicamente ai giacimenti di argento. Vallate enormi a sud, tempestate di campi dorati e granai color cremisi, mentre a nord sorgono montagne affilate come rasoi, vestite con una camicia estiva di abeti e larici, e poi un cielo gigantesco, invadente, che si specchia sull’infinità silenziosa dei ruscelli sottostanti.

La natura selvaggia incontra la vita rurale e le abitudini dell’entroterra americano; puma, grizzly e aquile reali, mentre nei pochi insediamenti umani riecheggiano i dialetti contratti e sincopati tipici della zona, adornati da qualche ritornello di banjo. Un paradiso in terra, meta suprema per cacciatori e pescatori d’élite, se non fosse per quel piccolo problema della setta che tutti conoscono col nome di Eden’s Gate.
Pare che gli adepti del culto si siano insediati in Montana già da qualche anno, ma nessuno ci aveva fatto caso prima. Poi però hanno cominciato a scendere dalle montagne, a comprare ogni proprietà possibile e immaginabile di Hope County. A quel punto era già troppo tardi. A capo dei sopracitati millenaristi c’è Joseph Seed, detto anche “il padre”: stazza media, taglio chignon e sguardo spiritato, con tanto di tatuaggi home-made annessi. Predica il sacrificio come merce di scambio per la redenzione, l’apocalisse (o collasso) e tutta una serie di altre pratiche di espiazione/persecuzione che la Chiesa moderna definirebbe, per usare un eufemismo, “poco ortodosse“. Accanto a lui siedono i suoi tre fratelli, ovvero John (lo “yesman” psicopatico dal grilletto facile), la bella Faith (regina anni 60 del bad trip) e infine il più grande, Jacob (apparentemente un veterano come tanti altri, che oltre all’omicidio sadico ha deciso di reinterpretare a suo modo il Darwinismo). Insieme, i quattro fratelli hanno preso il controllo di tutta Hope County, seminando terrore e distruzione come fosse granturco, mettendo in piedi una vera e propria caccia al peccatore.
Qui entriamo in gioco noi che, vestendo le spoglie di un semplice vice sceriffo della contea, verremo mandati ad arrestare Padre Joseph. Peccato solo che in un istante tutto vada all’aria e succeda il finimondo; i nostri colleghi vengono rapiti e deportati chissà dove.

Per fortuna noi riusciamo a sfuggire alla mano di Dio, rifugiandoci in un bunker e dando così inizio al movimento di resistenza che dovrà liberare la vallata. Questa è la premessa, semplice ed efficace, così come lo sono i nemici che caratterizzano questo nuovo capitolo di Far Cry. Sulla carta c’erano tutti i presupposti per raccontare la storia del secolo: la spinosa tematica del fondamentalismo religioso (di grande attualità e particolarmente critico per l’America contemporanea), un villain con la “V” maiuscola, capace di tenere testa a Vaas solo con pochi minuti di introduzione, ed infine un setting da favola.

Perfino la colonna sonora è la migliore mai sentita in un Far Cry, e non parlo dei brani presi in prestito dai Temples, dai Clash o dai Black Keys, ma dei pezzi psych-gospel realizzati ad hoc per il titolo, che riescono a creare un’atmosfera straniante e unica nel suo genere. I fratelli di Joseph, poi, che sono anche i luogotenenti delle tre aree in cui si suddivide Hope County, sono resi in maniera eccellente: tutti ben caratterizzati e schizzati al punto giusto, tanto da conservare quel barlume di lucidità che ti mette addosso un terrore tale da farti sentire sempre un passo indietro a loro.
Le cutscene che fanno progredire la storyline, inoltre, sono dirette con cura, e la visuale in soggettiva tipica della saga ha ancora una gran presa sul giocatore. Però, come avrete intuito dal tono, sta per arrivare il “ma“. Già, perché a parte l’intro e il finale, potente ed ispirato, e qualche altra sequenza di altissimo livello, la storia non decolla mai, si accontenta di una narrazione troppo pigra e in alcuni momenti finisce per impantanarsi. In poche parole funziona, ma non rapisce.

C’è più di una causa, purtroppo, ma certamente emerge un’incisività a tratti latitante, dovuta soprattutto a quella che sembra una mancata dose di coraggio nella scrittura che, -ad esempio- avrebbe potuto insistere maggiormente su alcune tematiche centrali, oppure sviscerando meglio le ottime personalità dei personaggi.

Non ci aspettavamo un trattato di Teologia, per carità, ma in alcuni momenti i dialoghi si fanno davvero troppo fumosi. Al concorso di colpa partecipa anche un altro fattore minore, ma comunque importante, ovvero il ritmo troppo diluito della storia principale. In questo caso vanno additate le missioni secondarie (obbligatorie per progredire), che si intromettono spesso con il chiaro intento di allungare l’esperienza. Sono circa 20 le ore necessarie per giungere ai titoli di coda, con distrazioni ridotte al minimo: nonostante l’ottima longevità, forse, visti i presupposti, sarebbe stato meglio puntare ad una campagna più breve e asciutta. In aggiunta, va ammesso che avere un personaggio completamente muto non aiuta; l’obiettivo prefissato era chiaro, ma nel 2018, ad un villain carismatico non puoi più apporre un protagonista asettico e silenzioso, rischiando di incappare soltanto in una serie di monologhi sterili, depotenziando l’intera narrazione. Sebbene non manchino ottimi momenti e trovate azzeccatissime durante la campagna single player, resta comunque un po’ di amaro in bocca, accompagnato dall’idea che si poteva fare di più.

Sia santificato il tuo fucile a canne mozze

Che America sarebbe senza una vagonata di armi, veicoli corazzati e un esercito di ribelli pronti a spalleggiarti in nome della libertà e del secondo emendamento? Il problema non si pone, almeno in questa versione alternativa del Montana, perché Far Cry 5 ha tutto questo e anche molto di più. Partiamo subito con una premessa fondamentale: il gameplay tradizionale della saga (compreso il gunplay) è rimasto sostanzialmente invariato, e a dirla tutta non c’è niente di male. Ovvio, la ripetitività tipica del genere, purtroppo, non è stata debellata, e in alcuni casi si farà sentire, ma se cercate un FPS open world di queste dimensioni (la mappa non è troppo differente da quella di Far Cry 4), completamente votato al free-roaming e all’esplorazione, allora siete nel posto giusto.

La libertà d’approccio è totale, e vi permetterà di giocarvi ogni missione in molteplici modi, dallo stealth ponderato all’incursione terrestre stile I Mercenari, passando per un buon numero di tattiche di guerriglia, assalto aereo e alla collaborazione dei nove specialisti a vostra disposizione. Questi ultimi sono un’aggiunta più che mai azzeccata, perché rappresentano sia degli ottimi compagni d’armi adattabili ad ogni occasione (Cheeseburger, il Grizzly diabetico, vince a mani basse), sia – in un certo senso – dei comprimari durante le sessioni in solitaria, e avranno un loro piccolo peso all’interno della trama.

Il feeling delle armi resta lo stesso: pesante, realistico, dotato di balistica e rinculo D.O.C., caratterizzato anche da una buona varietà di munizioni che aggiunge un quid non indifferente. Giocarsela con arco e frecce è sempre divertente e appagante, e il titolo in molte situazioni incoraggia chiaramente ad utilizzare questa via. Però si spara, e anche tanto: il numero delle bocche da fuoco è simile a quanto visto in passato, così come le mod, la personalizzazione estetica ed anche l’utilizzo delle droghe per potenziare le proprie abilità fisiche.

Ma Far Cry è anche esplorazione, e dunque non poteva mancare anche una gran quantità di mezzi, compresi quad, barche da fiume ed elicotteri; piacevolissima è la guida in stile arcade, peccato solo per i comandi degli aerei, davvero troppo semplificati, al punto da rendere limitante e imprecisa l’esperienza di volo. Torna ovviamente anche il crafting e la raccolta di svariati materiali in giro per la mappa, benché loro impiego sia stato leggermente semplificato (il che non dispiace affatto). Intuitivo ed efficace è anche lo skill-tree, questa volta diviso in cinque rami diversi, ognuno contenente dieci abilità (per un totale di 50), che si rivelano poi utilissime al fine di personalizzare la propria esperienza, permettendo così di adattarsi ai diversi stili di gioco: per sbloccare un talento non basterà però solo avanzare nella storyline, ma dovremo cimentarci in svariate sfide a tema.

Il prosieguo nella campagna è ovviamente scandito dalle missioni principali (poco meno di una ventina) e da quelle secondarie (circa 150), che comprendono diverse attività. Molte di queste sono dimenticabili fetch-quest, altre sono semplici assalti all’avamposto, ed altre ancora sono collegate alla caccia o al mini-game della pesca, che per la cronaca è davvero ben riuscito. La mappa è divisa in tre grandi aree liberamente esplorabili sin dall’inizio (più due piccole extra) che sono controllate dai tre fratelli di padre Joseph: ognuna ha una sua peculiarità, in genere legata al reggente in carica, che può essere o un particolare tipo di nemico o ad esempio una struttura specifica con cui interagire. Svolgere un certo numero di missioni all’interno di una determinata area ci farà accumulare denaro, ricompense in veicoli ed oggetti, ma soprattutto i cosiddetti Punti Resistenza, che sono poi necessari per progredire e infine sbloccare la battaglia col boss di turno. Trattandosi di un open world, ovviamente, c’è tutta un’altra serie di piccole attività che possono aiutarci nell’opera, come l’assalto al convoglio merci della setta, l’uccisione dei VIP, la liberazione dei prigionieri e persino la ricerca di scorte perdute mediante la risoluzione di (piccoli) enigmi ambientali. Ce ne sono a bizzeffe, così come non manca una miriade di piccoli segreti, personaggi completamente facoltativi da incontrare ed anche un buon numero di easter egg (ad esempio il palloncino rosso di Pennywise).

Far Cry 5 è quello che potremmo definire amorevolmente “una macchina mangia-tempo“, capace di distrarti dal tuo obiettivo principale grazie ad una quantità di attività pressoché infinita. Peccato che anche sul fronte del gameplay, purtroppo, non manchi qualche stortura, prima fra tutti la grande pecca dell’IA.
Fa davvero male vedere come alcuni problemi non siano stati ancora risolti, anzi, sembrerebbe quasi che siano stati completamente dribblati; capita ancora di vedere companion impazziti che girano su loro stessi in preda ad una qualche misteriosa forma di delirio, nemici che si immobilizzano o che non sanno ripararsi a modo dietro una copertura. Il gioco è quindi troppo facile? Niente affatto, ma il tasso di sfida è garantito più che altro dal numero molto alto di unità nemiche contro cui ci imbatteremo. In più, di conseguenza, troviamo anche un sacco di bug e di fastidiose imperfezioni, di natura “logistica“. Un esempio: capita di avviare un dialogo per ricevere una missione secondaria, ma spesso si è interrotti da qualche pattuglia aerea nemica, che magari con una sola raffica ci manda al creatore senza nemmeno poter rispondere al fuoco. Di certo non è qualcosa che può rovinare l’integrità del titolo, ma un po’ di polishing in più non avrebbe fatto male…

Dalla jolly coop al cabinato dell’Arcade

Sin dal primo contatto avevamo capito che il nuovo Far Cry avrebbe si sarebbe mosso in direzione di un multiplayer più concreto e strutturato, solo non immaginavamo fino a che punto. La coop nella campagna era già presente ai tempi di Pagan Min, ma è con questo quinto capitolo che si raggiunge finalmente la completezza desiderata (o quasi). Sarà infatti possibile affrontare la battaglia per la liberazione di Hope County con un amico, comprese le missioni principali, e credeteci quando vi diciamo che il divertimento si acuisce in maniera direttamente esponenziale; quello che non aumenta, invece, è il numero dei nemici, perciò vi consigliamo di selezionare il livello di difficoltà più elevato, per godere un’esperienza ben bilanciata.
Poteva essere un centro pieno, e invece finisce per essere un mezzo autogol, perché al giocatore ospitato nella sessione coop non viene salvato l’avanzamento nella Storia, il che riduce la sua ricompensa soltanto ad una manciata di esperienza, un po’ di denaro e a qualche punto abilità.

C’è da dire, tuttavia, che le soddisfazioni non mancano, anzi: i classici assalti all’avamposto, da sempre marchio di fabbrica della serie, hanno in questo caso una marcia in più, soprattutto se giocati in coppia. Nei capitoli precedenti le roccaforti nemiche erano strutturalmente più semplici e spoglie, una specie di ammasso di container stracolmo di nemici, e finivano per somigliarsi tutte fra loro. In Montana è diverso, perché ogni avamposto è progettato con cura ed è ben caratterizzato; ci sono edifici complessi, alcuni perfino a tre piani, superfici sconnesse, e perfino un gran numero di siti raggiungibili “via mare“. Vi basti sapere che riusciamo perfino a ricordarli uno ad uno, e che per quanto ci riguarda rappresentano sicuramente una delle migliorie più importanti di questa produzione. Quanto detto fino ad ora è soltanto una parte del comparto multiplayer, perché esplorando la modalità online ci si accorge che c’è ben altro da scoprire. Far Cry Arcade è infatti una piattaforma ben strutturata, che fa del classico deathmatch PvP l’elemento centrale: ci sono già nove arene, tutte diverse e ognuna di queste è dotata di una regolamentazione speciale (ad esempio: gravità ridotta, solo fucili di precisione e via discorrendo).

Il time to kill è lungo, e i ritmi di gioco sono estremamente particolari, eppure ci si diverte, anche grazie alla stravaganza che caratterizza ogni mappa. A questo si aggiunge anche un buon comparto PvE, composto da altre piccole sfide da affrontare da soli o con un amico, tra cui ad esempio la modalità “viaggio“, dove si viene catapultati in mappe sempre diverse, e per vincere bisogna arrivare alla fine di un percorso, mietendo più vittime possibile lungo il tragitto. Come se non bastasse, è presente anche una modalità Editor e una piattaforma di condivisione contenuti che, se verrà supportata a dovere, potrebbe fare la fortuna (a lungo termine) di questo Far Cry. Ad ogni modo, su questo fronte è decisamente troppo presto per poterci esprimere, ma state certi che avremo modo di tornare sull’argomento.

 

[/vc_column_text][vc_single_image image=”3794″ alignment=”center” style=”vc_box_circle” css_animation=”none”][vc_column_text]Far Cry 5 è il ritorno di un grande brand che è stato capace di dettare un nuovo metro di paragone per tutti gli FPS con struttura open world e dinamiche free roaming. Eppure, nonostante la qualità innegabile, si tratta di un prodotto che purtroppo non riesce ad eccellere sotto nessun fronte. Personaggi ben scritti e interessanti, un’ambientazione eccezionale e dinamiche di gameplay oramai ben rodate non bastano per elevare il titolo Ubisoft al di sopra delle aspettative. Se da un lato l’impegno sul fronte narrativo aumenta, la ripetitività congenita del genere sembra non esser stata affatto debellata, e l’IA poco curata e il corredo di bug di certo non aiutano. Manca anche l’equivalente delle vecchie missioni Shargri La, e sebbene la dimensione mistico-onirica tipica della serie abbia trovato un’altra forma, dobbiamo ammettere che la mancanza si è fatta sentire. Insomma, forse si poteva davvero osare di più, insistere maggiormente sui punti forti di una produzione che in nessun modo delude, ma nemmeno stupisce. Del resto va detto che la formula funziona ancora, e benché tutto sembri rimasto immutato dai tempi del Kyrat, la rivisitata componente multiplayer potrebbe, a conti fatti, fornire una nuova prospettiva di lettura la titolo Ubisoft. Più della coop tradizionale, infatti, pur molto valida, è stata la modalità arcade a regalarci più di una sorpresa. È anche sotto questa luce che Far Cry 5 si propone alla nuova utenza, e chissà che non si riveli proprio la mossa vincente. Ad ogni modo, se siete alla ricerca di un titolo longevo e ricco di contenuti, di certo non rivoluzionario, allora avete trovato quello che cercavate. Se invece siete “semplicemente” dei fan della saga e amate il suo stile senza riserve, l’appuntamento con il Montana è assolutamente obbligatorio: amen.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/4″][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_empty_space height=”25px”][vc_pie value=”80″ label_value=”8″ color=”juicy-pink” css_animation=”appear” title=”Voto”][/vc_column][vc_column width=”1/4″][/vc_column][/vc_row]

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