In equilibrio come un trapezista fra gli albori del progetto su PS3 e il debutto su PS4, e slegandosi forzatamente dalla Fabula Nova Crystallis per risultare un prodotto fruibile nella sua unicità (nonostante il dispiegamento di risorse di Square Enix, fra film in CGI, serie animate e titoli mobile), Final Fantasy XV arriva finalmente a noi forte di un comparto tecnico davvero sbalorditivo e di valori di produzione semplicemente mai visti nel panorama creativo nipponico contemporaneo. Detto questo, l’epopea (finto) epica di Noctis e compagni non rappresenta solamente un viaggio di formazione personale o l’ennesima iterazione del brand giapponese, ma anche e soprattutto uno dei progetti più ambiziosi partoriti dall’industria giapponese, ponendosi per certi versi non molto differentemente da quel chiacchieratissimo – nel bene e nel male – Metal Gear Solid V: The Phantom Pain che Hideo Kojima ha lasciato in eredità agli appassionati della sua saga videoludica per eccellenza.
LUCE E TENEBRA
Per chi fosse totalmente a digiuno di notizie riguardo Final Fantasy XV urge una premessa: tutte le opere cross-mediali appartenenti al Final Fantasy XV Universe (1 film in CGI, 2 titoli per smartphone, 1 serie animata e la Platinum Demo disponibile gratuitamente su PSN), che sulla carta andrebbero fruite prima di iniziare a giocare, possono essere tranquillamente riallacciate in un secondo momento. Ad esempio, Kingsglaive: Final Fantasy XV, il film edito da Sony, racconta ciò che accade nella città di Insomnia contemporaneamente all’inizio del viaggio di Noctis e compagni, ma i personaggi introdotti e le vicende raccontate sono per lo più accessorie, lasciando alle cinematiche in-game il compito di svelare al giocatore gli eventi salienti per capire la storia e l’universo di Eos, pianeta del quale è effettivamente esplorabile solamente la regione di Lucis.
FINAL FANTASY XV ARRIVA FINALMENTE A NOI FORTE DI UN COMPARTO TECNICO DAVVERO SBALORDITIVO
Niente paura comunque: il regno del giovane Noctis è variegatissimo e più che sufficiente per riuscire ad intrattenere i giocatori con i suoi immensi spazi aperti e l’enorme porzione di terreno calpestabile, proponendo fra le altre cose un numero davvero cospicuo di attività secondarie, fra cacce ai mostri in stile Final Fantasy XII e tante, tantissime sub quest legate al reperimento di oggetti. Final Fantasy XV strizza l’occhio alla tradizione della serie, pur ambientando il tutto in un mondo certo fantastico ma con diversi elementi che richiamano la realtà, in una ricerca estetica che ricorda per molti versi il mix riuscito già sperimentato nell’ottavo episodio. Ecco che i quattro guerrieri della luce di cui si narrava nell’iconica introduzione su sfondo blu di Final Fantasy I si trasfigurano in giovani dal fascino patinato, pronti a tutto pur di riportare la pace nel mondo… anche a controllare il funzionamento di valvole (?) per i tecnici o recuperare ingredienti per i ristoratori locali.
Final Fantasy XV è soprattutto questo: un videogioco scisso a metà. Da una parte abbiamo un’introduzione che, scevra di qualsiasi pretesa narrativa, indugia in ore e ore di esplorazione open world, catapultati da un punto all’altro del regno di Lucis a bordo della Regalia, la fida quattroruote del gruppo; in questo frangente ci si può dedicare a qualsiasi tipo di attività senza alcun limite, in barba alla gravitas che in qualche modo la storia del gioco vorrebbe. Fra un selfie vicino al flipper (per di più giocabile), l’esplorazione della manciata di dungeon opzionali e una corsa sui chocobo, ci si dimentica ben presto di avere a che fare con un’epopea di regni in guerra, di lutto e soprattutto di morte, tematica che nel titolo viene quasi sempre trattata con una superficialità tale da far quasi rimpiangere i complessi adolescenziali di Hope e la storia pseudo-saffica fra Vanille e Fang in Final Fantasy XIII, per di più senza nessun guizzo creativo, vista la ripetitività dei compiti proposti.
L’altra faccia della medaglia, invece, mostra la sua effige nelle fasi finali del gioco (coincidenti con l’ottavo capitolo), dove si inizia a percorre in linea retta e inesorabile una narrazione svogliata, incapace di intrattenere a causa di una sceneggiatura debole e piena di forzature, ma che grazie agli altissimi valori di produzione riesce in qualche modo a risollevarsi con qualche rara sequenza cinematica realizzata a dovere. In particolare, duole segnalare il fatto che il cast di protagonisti, seppur ridotto ai minimi termini rispetto alla tradizione della serie, è forse uno dei più deboli di sempre, in un mix di stereotipi talmente caricaturali e piatti da non riuscire mai a stupire, nemmeno quando per esigenze narrative si dovrebbe provare un qualche tipo di legame empatico. Parlando di Prompto, Ignis e Gladio(lus), i tre compagni di viaggio di Noctis, ciò che si deve sapere su di loro è praticamente sintetizzato dal loro aspetto esteriore. Il rapporto fra questi è sicuramente quello più approfondito, considerando che sono gli unici personaggi coi quali si ha a che fare per gran parte dell’avventura, ma non riserva grandi sorprese nemmeno sulle battute finali, durante le quali la storia viene infarcita di elementi già visti nei precedenti capitoli tanto da risultarne una parodia.
Guardando invece all’altra parte della barricata, ovvero al team di antagonisti affiliati all’Impero, non solo ci si trova molto spesso a vivere situazioni surreali in cui i nemici sembrano quasi aiutare l’ascesa al trono del protagonista senza mai ostacolarlo, ma durante l’intera durata della storia si assiste anche a repentini cambi di registro, con sparizioni o nemici che diventano improvvisamente alleati proprio nel momento in cui ciò si dimostra funzionale al prosieguo dell’avventura; non mancano poi eventi sconclusionati, senza che questi siano accuratamente spiegati se non con motivazioni sommarie. Il tutto viene accettato da protagonisti che non sembrano porsi troppe domande, ma d’altronde stiamo parlando di un gruppo di fuggiaschi ricercati che passa gran parte del gioco a cacciare mostri in un regno in cui sembra che nessun suddito conosca il volto del proprio principe.
IL CAST DI PROTAGONISTI, SEPPUR RIDOTTO AI MINIMI TERMINI RISPETTO ALLA TRADIZIONE DELLA SERIE, È FORSE UNO DEI PIÙ DEBOLI DI SEMPRE
Difficilmente la storia di Final Fantasy XV sarà ricordata come una delle migliori raccontate nei quasi 30 anni di esistenza del brand, ma se tanto mi dà tanto, probabilmente le criticità evidenziate sono per lo più da imputare a riscritture della sceneggiatura in fase di sviluppo, quando il nome del progetto è passato dal titolo di Final Fantasy XIII Versus a quello con il quale è conosciuto oggi. Sarebbe molto interessante sapere quali fossero i piani di Tetsuya Nomura per Noctis e soci quando furono concepiti, ma se non altro va riconosciuto ad Hajime Tabata il coraggio di essere riuscito a mettere la parola fine a un lavoro che ormai da anni galleggiava nei tristi mari dei vaporware, accanto a The Last Guardian di Fumito Ueda. Ironico che siano in arrivo nei negozi a così pochi giorni di distanza.
TREDICI ARMI ANCESTRALI
Passando all’impianto prettamente ludico, Final Fantasy XV cerca di proporsi come un titolo “dedicato agli appassionati della serie, ma aperto anche ai neofiti”, frase che tra l’altro apre ogni avvio del gioco, quasi a memento per chiunque non fosse stato sintonizzato sulle frequenze di Square Enix degli ultimi dieci anni. Per farlo, Hajime Tabata e il suo immenso team di artisti e programmatori hanno confezionato un modello di gioco per molti versi molto più simile agli RPG occidentali, con grande spazio dedicato all’esplorazione di sterminati ambienti naturali e al raggiungimento (a piedi o a bordo di veicoli, chocobo compresi) di comodi indicatori sulla mappa, il più delle volte per occuparsi del reperimento di oggetti o della caccia di determinati mostri.
FINAL FANTASY XV CERCA DI PROPORSI COME UN TITOLO “DEDICATO AGLI APPASSIONATI DELLA SERIE, MA APERTO ANCHE AI NEOFITI”
Il battle system, di cui ho già ampiamente trattato nell’anteprima di quest’estate, è in tempo reale e ricco di automatismi e di semplificazioni, per far sì che anche i fan abituati ai ben più accomodanti turni e ai menù dei capitoli passati possano assorbirne in fretta le dinamiche. In linea di massima, pur cercando di accontentare tutti, il risultato finale non sempre funziona come dovrebbe: anche se le battaglie riescono quasi sempre ad appagare l’occhio del giocatore meno esperto, i limiti si palesano nelle fasi avanzate o quando ci si scontra con più nemici a schermo, in tripudi di compenetrazioni poligonali, animazioni degli attacchi speciali che fermano lo scorrere dell’azione e altre preoccupanti problematiche che esulano dal mero discorso tecnico, telecamera impazzita a parte. Il fatto che non si possa influenzare il modo in cui i compagni di Noctis si comportano in battaglia, al di fuori dell’utilizzo di tecniche da attivare a suon di indicatori ATB, è un forte limite che in qualche modo sminuisce l’approccio strategico degli scontri. Se a questo aggiungiamo che il sistema di crafting delle magie è praticamente inutile (ho portato a termine l’avventura senza mai utilizzarle, a parte rarissimi casi), che le evocazioni sono sì presenti ma non richiamabili a proprio piacimento, che la distanza dei nemici rispetto al protagonista è ininfluente perché lo spostamento è automatizzato e che i Quick Time Event infarciscono le fasi salienti dell’avventura (trasformando gli scontri in vere e proprie scene cinematiche in salsa Dragon Ball Z), si finisce presto per bramare di tornare alla parte open world, accessibile a ogni punto di ristoro, per tirare un sospiro di sollievo.
In tal senso, Final Fantasy XV ha potuto godere dei benefici di uno sviluppo lunghissimo, al punto di permettere al team di artisti e grafici di sbizzarrirsi nella creazione di un pantheon di creature affollato e intrigante, nonché di un mondo credibile e completamente esplorabile, seppur intrappolato fra onnipresenti muri invisibili. Gli sterminati spazi aperti di Lucis riescono nell’ingrato compito di restituire una sensazione di estrema libertà, grazie alla buona varietà di ambienti e a un numero sufficiente di dungeon opzionali ricchi d’atmosfera, da affrontare fra una scorrazzata a bordo della Regalia, per spostamenti più rapidi, o una galoppata in sella ai chocobo, ancora presenti e, per una volta, utilissimi.
Il voler enfatizzare la tematica del viaggio ha portato il team di sviluppo ad apportare alcune scelte di design che potrebbero risultare indigeste, ma che tutto sommato sono coerenti con la visione di Hajime Tabata: ciò si concretizza nella presenza di numerosi tempi morti, magari in viaggio verso una destinazione lontana a bordo dell’auto, volendo allietati dalla radio che trasmette le colonne sonore dei precedenti capitoli. Da un certo punto della storia viene concesso di viaggiare velocemente da una zona di sosta all’altra, ma in queste circostanze la durata dei caricamenti è tale da portare a preferire lo spostamento su ruote, minuti di attesa compresi.
ARRIVATO AI TITOLI DI CODA, PARADOSSALMENTE, HO AVUTO L’IMPRESSIONE CHE IL GIOCO DIA IL MEGLIO DI SÉ AL DI FUORI DEI BINARI VOLUTI DALLA PARTE FINALE
Tutta la parte relativa alla maturazione del party, invece, è largamente legata all’accrescimento dei livelli di forza e alla raccolta di armi sempre più potenti, seppur anche queste presenti in quantità risicatissime. Se i punti esperienza incarnano il giusto premio per battaglie e missioni portate a termine (ricordandosi che si dovrà dormire presso alberghi o accampamenti per vederli sommare a quelli già in proprio possesso), i punti abilità che ne conseguono possono essere raccolti anche compiendo azioni specifiche e sono funzionali all’evoluzione di una sferografia che influisce non solo sui valori statistici dei protagonisti, ma anche sulle tecniche di combattimento utilizzabili e l’acquisizione di abilità passive. Infine ci sono le specialità, ovvero capacità uniche dei personaggi che si alzano di livello man mano che vengono esercitate durante il viaggio. Si tratta di aggiunte più che altro estetiche, che sottolineano la personalità dei protagonisti: un principe dal carattere mite che ama pescare nel silenzio della natura, uno stratega occhialuto amante della cucina (questa può essere utilizzata per elargire bonus come nella serie Tales of), un guerriero tutto muscoli appassionato di campeggio e un esteta dal fascino sbarazzino, che passa il tempo a fare fotografie a sé e agli altri. Arrivato ai titoli di coda, paradossalmente, ho avuto l’impressione che il gioco dia il meglio di sé al di fuori dei binari voluti dalla parte finale, quando la storia è ridotta al minimo e i personaggi non sono trascinati forzatamente in eventi che sembrano quasi completamente distaccati dall’ambientazione lussureggiante in cui scorrazzano senza troppi problemi. Il che, per un J-RPG, non è esattamente un pregio.
ATTORI D’OLTREOCEANO DIGITALE
Final Fantasy XV sfoggia un profilo tecnico di altissimo livello, pur non esente da difetti più o meno evidenti. Sfatiamo innanzitutto un mito: questo è forse il primo titolo giapponese in cui la ricreazione di ambienti naturali dettagliati è stata messa al primo posto, seguita a ruota dai modelli poligonali dei protagonisti e delle loro movenze, con un occhio di riguardo per l’espressività facciale. Gran parte delle scene cinematiche è concentrata nelle fasi finali della storia e si focalizza proprio sulle emozioni dei protagonisti e sulla loro mimica facciale, con risultati davvero sbalorditivi (fun fact: molti personaggi del cast sono dell’italianissimo Roberto Ferrari, già visto all’opera in The Last Remnant e Death by Degrees). Buono anche il commento musicale firmato da Yoko Shimomura, volto dietro alla serie Kingdom Hearts e ad altri classici del passato, come Parasite Eve; la OST palesa peraltro punte di eccellenza qua e là, che solamente la cover di Florence + The Machine di Stand By Me, usata come tema principale, riesce a sintetizzare con la potenza di un testo struggente e soprattutto già passato alla storia, riconoscibile quindi da chiunque volesse avvicinarsi a questa produzione. Solamente discreto, invece, il doppiaggio in lingua inglese, al quale può essere fortunatamente preferito quello in lingua giapponese, decisamente più competente e sfoggiante un cast di tutto rispetto, fra cui Mamoru Miyano (Light di Death Note), e Miyake Kenta (Boku no hero academia). Da notare come l’unica lingua europea non presente come traccia audio sia proprio quella italiana, nonostante Kingsglaive fosse stato doppiato in precedenza.
FINAL FANTASY XV SFOGGIA UN PROFILO TECNICO DI ALTISSIMO LIVELLO, PUR NON ESENTE DA DIFETTI PIÙ O MENO EVIDENTI
Final Fantasy XV è anche, e soprattutto, la trasposizione videoludica di un film americano “on the road”, dove l’asfalto bollente e i colori fluo dei Diner (tutti uguali) presenti nelle aree di sosta fanno da padroni. Grande cura è stata riposta nella digitalizzazione dei cibi, oltretutto animati nel caso di liquidi o gelatine nel momento in cui vengono impiattati e proposti agli occhi del giocatore: una vera delizia, al pari dei succulenti frutti dall’aspetto particolarmente invitante (e altrettanto realistico) già visti in Pikmin 3 di Nintendo su Wii U. Il Luminous Studio messo a punto da Square Enix proprio durante lo sviluppo di Final Fantasy XV ha permesso di raggiungere ottimi risultati, specie nel campo dell’illuminazione in tempo reale. Prima che qualcuno punti il dito alle immagini di bug comparse in rete e relative alla demo “Judgment Disc” apparsa sul PS Store nipponico, ricordo come sia normale chiudere un occhio dinnanzi a qualche bug e compenetrazione poligonale occasionale, di fronte ad un tale dispiegamento di forza artistica e dedizione da parte dei grafici Square Enix. D’altronde, stiamo parlando del primo titolo open world di una software house giapponese la cui idea di “grande ambientazione esplorabile” era Gran Pulse di Final Fantasy XIII, ovvero una piana erbosa piena di… nulla. Paradossalmente, l’unica grande città esplorabile, Altissia, ricordante da vicino la Venezia di noialtri, è stata in grado di meravigliarmi e portarmi con la memoria alle atmosfere sognanti dei vecchi capitoli a 32bit, grazie alla buona direzione artistica e ai colori accesi, nonché a un’intricata struttura di viuzze e di canali percorribili in gondola. Un peccato, quindi, che Altissia sia l’unica ambientazione urbana credibile e percorribile nella sua interezza.
È PIÙ CHE APPREZZABILE IL LAVORO DI SQUARE ENIX NELL’ASSICURARE UNA FLUIDITÀ STABILE SU ENTRAMBE LE MACCHINE SONY
La quantità di dettagli inseriti negli ambienti e nella caratterizzazione grafica dei personaggi – in special modo il quartetto di protagonisti – è semplicemente senza pari, con un comparto animazioni capace di rendere vive e credibili anche le tipiche capigliature “J-Pop” à la Final Fantasy, malgrado qualche effetto di aliasing di troppo su PlayStation 4 Standard. Su PlayStation 4 Pro il comparto tecnico è generalmente più solido, con una vegetazione più ricca e una pulizia visiva maggiore, ma questo non significa che il precedente modello di PS4 non faccia girare il tutto a un frame rate più che stabile. Proprio riguardo alla fluidità dell’azione va aperta una parentesi: Final Fantasy XV gira nella stragrande maggioranza dei casi a 30 fps, ma la percezione di chi gioca è quella di notare microscatti fra i frame che compongono l’immagine in movimento. Questo fenomeno, chiamato in gergo tecnico frame pacing, contribuisce a dare l’impressione che l’azione venga in qualche modo ostacolata da un motore grafico incapace di dare vita alla grandiosità grafica voluta da Square Enix (un po’ come in Bloodborne di From Software), ergo occorre sperare che le future patch mettano una pezza a questa problematica. Devo ammettere che, rispetto alle prove passate, le cose sono nettamente migliorate ed è più che apprezzabile il lavoro di Square Enix nell’assicurare una fluidità stabile su entrambe le macchine Sony, a maggior ragione se si dà peso alle parole del director del gioco che vorrebbero una patch gratuita indirizzata proprio a PS4 Pro in arrivo a dicembre. Vedremo se la promessa dei 60 fps (o almeno di un frame rate sbloccato) sarà mantenuta, oltre all’arrivo inevitabile di DLC che espanderanno l’esperienza di gioco, modalità VR compresa.
Il traguardo di Final Fantasy XV coincide con il suo debutto sul mercato, in quello che senza ombra di dubbio si dimostrerà un lancio controverso e capace di dividere critica e pubblico in due parti: chi godrà della libertà delle fasi iniziali, scevra di qualsiasi velleità narrativa, e chi invece rimpiangerà la mancanza di una storia e di un cast di personaggi in grado di portare a testa alta il nome della serie. Quel che è certo è che il prodotto finale porta addosso le cicatrici di uno sviluppo travagliato e di una direzione che, nella speranza di accontentare tutti, potrebbe non far felice nessuno. Anche con i suoi altissimi valori di produzione.